Ca-ne ne-ve ve-la la-ma

domino

Ca-ne ne-ve ve-la la-ma ma-re re-mo mo-to to-ro ro-sa sa-le le-va…

Chi non ha mai fatto questo gioco? Uno dice una parola e l’altro ne dice un’altra che comincia con la sillaba con cui termina la precedente. In pratica è un domino delle parole. Chi non produce una parola appropriata entro pochi secondi è eliminato e vince chi resta fino alla fine.

E’ un gioco da ragazzi, ma ha il suo perché: chi gioca deve considerare, simultaneamente, la lingua parlata e la lingua scritta: come si dice e come si scrive. La parte scritta, poi, ha un fascino tutto suo: la simmetria dei segni grafici di parole diverse ma vicine tra loro prende il sopravvento, il senso compiuto cede il passo alla magia della filastrocca. Tutto questo si vede subito nello scritto, ma si riflette anche sul parlato: se il ritmo del gioco è sostenuto (come, appunto, deve essere) il linguaggio torna indietro, verso la nenia, fin quasi alla lallazione. E’ lì, proprio in quel punto, che la parola diventa musica, ritmo, armonia. L’italiano è lingua di musica e, se dovessi associarla a uno strumento musicale, ci vedrei bene un pianoforte.

Un gioco così non si potrebbe fare in inglese. Non avrebbe senso: Fa-me me-dia dia-ry. Regge la parte scritta, ma quella parlata non funziona. I nostri ragazzi giocano così. I bambini anglofoni non possono. Loro giocano allo spelling. Tante volte, quando studiavo in Irlanda, nei miei viaggi in bus tra Maynooth e Dublino ho assistito divertita, cimentandomi anche io in silenzio, alle sfide lanciate dalle mamme per ammazzare il tempo prima di arrivare a destinazione: music? m-u-s-i-c thought? t-h-o-u-g-h-t  sunset? s-u-n-s-e-t. Sarebbe una sfida per un bambino italiano fare lo spelling di cane, casa, sale, maestra? Sarebbe un gioco noiosissimo, infatti non esiste.

Volendo poi fare lo stesso gioco di prima, lingua=strumento musicale, per l’inglese penserei a una batteria e poi, continuando con la metafora, concluderei che è sempre una questione di ritmo. Ogni lingua ha il proprio ritmo, ogni lingua ha il proprio colore. Il bello è che a noi piace la musica!

Margherita Rinaldi

About Margherita Rinaldi

Gornalista professionista. Prima free lance, poi cronista, addetto stampa e ora esperto in comunicazione nella pa. Nasco dalla linguistica e lì, di tanto in tanto, ritorno

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