In più di un’occasione dalla nascita del progetto, nel 2010, ci è capitato di riflettere sulla questione di tradurre l’etichetta “Scritture Brevi” in inglese.
Attività accademiche o istituzionali come partecipare ai bandi dei progetti di ricerca e le stesse esigenze pratiche della internazionalizzazione dei prodotti richiedono, come è noto non solo agli addetti ai lavori, la redazione della traduzione in lingua inglese di tutti i documenti.
Ci siamo dunque spesso concentrati sulle possibili versioni in inglese del nesso “Scritture Brevi”, anche interpellando colleghi di lingua o di madrelingua inglese.
La soluzione più facile, pratica ed immediata è short writings.
Come si capisce, non è la soluzione ottimale.
Le alternative in Google traduttore sono:
scrittura: writing, handwriting, document, contract, books, accounts
scritto: writing, work, writ
documento: document, paper, record, identification, writing, bill
grafia: handwriting, spelling, writing, character
calligrafia: calligraphy, handwriting, writing, penmanship, paw, fist
Vi sono altri termini possibili:
Texting appare buono per le “scritture brevi” come il “messaggiare” (sms, o CMC), ma inutilizzabile nella prospettiva diacronica, che a noi interessa.
Alphabets è ottimo per le scritture alfabetiche, ma non per quelle pittografiche o logografiche, sempre, ma non solo, delle fasi antiche (oggi gli smile).
Abbreviations veicola l’informazione della “brevità” ma colloca la scrittura in posizione subordinata.
Giudico riduttiva ognuna delle versioni inglesi, pur disponibili ed utili. In particolare la forma italiana al plurale – “Scritture Brevi” – da noi adottata, fornisce alla nostra etichetta speciale densità ed identità di fronte alle traduzioni inglesi, rispettando la nostra considerazione “inclusiva” delle fenomenologie implicate (characters, ad esempio, è buono per scrittura, ma short characters escluderebbe dall’indagine la considerazione delle produzioni testuali; questa è mantenuta, ad esempio, da records, che però non conserva il riferimento alla scrittura): come sempre ripeto, “Scritture Brevi” è il mezzo e il fine.
Personalmente ritengo che con “Scritture Brevi” siamo senz’altro di fronte a un caso in cui la forma italiana è più completa di quella inglese, più adatta, appropriata, corretta, calzante, idonea, conveniente.
La problematica della traducibilità, che, come sappiamo, non costituisce soltanto un problema nomenclatorio, si manifesta in questa, come in altre occasioni, coinvolgendo la dimensione metalinguistica.
Quando sono entrata in Twitter, ho lanciato l’hashtag #scritturebrevi (il primo è del 26 dicembre 2012).
La caratteristica del mezzo comporta l’agile diffusione ai follower attraverso l’operazione di twit e retwit, un processo a onde concentriche intersecantisi che consente e agevola la propagazione del tema nel contesto di una importante rete sociale.
Dallo scorso 6 marzo 2013 l’account Twitter dell’Accademia della Crusca ha gentilmente ricambiato il mio following. La considero, per Scritture Brevi, un’occasione importante.
Poi, alcuni follower arrivano dall’estero, mostrando di seguire, twittare e ritwittare i miei post, dove l’hashtag #scritturebrevi ricorre SEMPRE in italiano.
Il 3 marzo scorso ho ricevuto da Vancouver:
Quel giorno ho pensato: #scritturebrevi funziona. #scritturebrevi va in città.
Francesca Chiusaroli (Scritture Brevi), @FChiusaroli su Twitter
12 marzo 2013
@FChiusaroli Love your hashtag. You might enjoy, The Return of the Epigram http://t.co/pTUYdYeVdg #scritturebrevi
— Brad Ovenell-Carter (@Braddo) March 3, 2013
One thought on “#scritturebrevi va in città”