Google e la libertà (Che carattere!)

Da The Google story di D. A. Vise (2005) ricaviamo la notizia della nascita del nome GOOGLE, che, come non raramente accade nei procedimenti onomaturgici, è un prodotto di inventiva e casualità.
Ecco la sintesi da Wikipedia:

“I due fondatori, Page e Brin, cercavano un nome che potesse rappresentare la capacità di organizzare l’immensa quantità di informazioni disponibili sul Web; avevano bisogno di un’iperbole.
Utilizzarono un nome già esistente: Googol, termine coniato dal nipote del matematico statunitense Edward Kasner nel 1938, per riferirsi al numero rappresentato da 1 seguito da 100 zeri. A Page e Brin sembrò perfetto come metafora della vastità del web. I due fondatori avevano intenzione di chiamare il neonato motore di ricerca proprio Googol, ma al momento di pubblicare il loro search engine questo dominio era già stato assegnato, perciò Page e Brin furono costretti ad optare per la parola Google (quella che tutti oggi conosciamo).”

Nell’etichetta Google si trova, dunque, all’origine, il riferimento all’idea di numero e alla qualità infinita della numerazione.
Una felice intuizione, cui può collegarsi l’invenzione più recente della figura che accompagna i risultati della ricerca nel motore Google, collocata, come tutti sappiamo, a fondo pagina. Ed eccola:

goooooooogle

A me sembra una bellissima immagine, evocativa – attraverso strade grafico-visive – della dimensione “all’infinito” dell’operazione di ricerca: nel tipico layout della stringa, l’etichetta Google viene rappresentata con tante “o” quante sono le pagine digitali risultanti.
Collocate di seguito alla grande G (di Google), le lettere “o” diventano tanti zeri che richiamano la (smisurata?) quantità dei dati. E ciò non soltanto in chiave simbolica, poiché cliccando su ogni singola “o” apriremo una pagina piena di link al web.

Google ci ha viziati. Assorbe tutte le nostre ricerche, le rielabora, le recupera attraverso gli algoritmi, le ripropone, costituisce un elenco, rende i prodotti di ognuno prodotti comuni.
I sistemi predittivi del motore di ricerca si basano sull’idea che per lo più non abbiamo tempo da perdere sul web e memorizzano per noi le ricerche personali, riproponendocele immediatamente, evitandoci così la lungaggine di scrivere troppo.

Personalmente ora mi basta scrivere una “s” ed ecco il link a www.scritturebrevi.it
Certo, fa parte dei miei sogni che ciò avvenga per tutti, ma si sa che non è così.
Però verifico che l’automatismo è lo stesso quando scrivo “t”, verso www.twitter.com o “f”, verso www.facebook.com. E questo fa sicuramente parte dell’esperienza di molti.
Digitando poi un qualunque nome è comune che il primo esito sia il nome in Wikipedia.
Averne consapevolezza (ho fatto questo esperimento nelle classi) può indurre riflessione sul portato ideologico di certe azioni quotidiane.

Sono fenomeni certamente di omologazione, che possiamo discutere (e criticare) nei dibattiti sulla libertà della rete.
Qui vorrei notare, e l’ho fatto in altre occasioni, come la base di partenza di tutti questi fenomeni sia la nostra “sfida” rispetto allo spazio fisico della stringa: contano le parole (e persino le lettere) che scegliamo di inserire ed è in questione certa pigrizia che ci porta a fermarci spesso alla prima pagina, poiché raramente abbiamo voglia di cliccare oltre la prima “o”.

Parlando di web e libertà, può essere utile ricordare che le “o” di Google sono da due a infinito.
Google è scritture brevi.

Sui meccanismi del motore di ricerca abbiamo parlato qui. Sui procedimenti onomastici per il lessico della rete un mio contributo, in stampa, è qui.

Francesca Chiusaroli, Scritture Brevi
19 maggio 2013

Francesca Chiusaroli

About Francesca Chiusaroli

Sono nata a Recanati, dove vivo. Mi sono laureata a Macerata, dove oggi insegno linguistica. Tra allora e ora, altre sedi.

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