Premio Ugo Betti

È arrivato alla sedicesima edizione il premio intitolato al drammaturgo camerte Ugo Betti.
Riprende così un percorso illustre, per qualche tempo interrotto, l’iniziativa del Comune di Camerino, che premia il miglior testo teatrale inedito in lingua italiana scritto da autore italiano o straniero. Trovate qui (link) i dettagli del bando per partecipare al concorso.
Ugo Betti, fratello del noto giurista Emilio, fu anch’egli uomo di diritto, ma con l’esigenza profonda per la scrittura, a cominciare da quella poetica. Il re pensieroso è la sua prima raccolta, pubblicata nel 1922. La sua produzione come drammaturgo comincia nel 1936 e raggiunge il suo apice nel 1944 con quello che è unanimemente ritenuto uno dei capolavori del teatro italiano del Novecento, Corruzione al palazzo di giustizia, rappresentato qualche anno più tardi, nel 1949, al Teatro delle Arti di Roma.
Andando a questo link potete gustare il film di Marcello Aliprandi del 1974, che scelse questo dramma di Betti perché, racconta lo stesso regista, “in quegli anni iniziò in Italia un filone cinematografico di mafia, corruzione, giudici… Io venivo dal teatro e avevo molto amato il teatro di Ugo Betti, in particolare questo lavoro in cui trovavo una profonda ricerca psicologica dei personaggi”. L’opera cinematografica si discosta dal dramma di Betti perché contaminata dagli avvenimenti dell’attualità italiana degli anni ’70.
All’indomani della morte del drammaturgo di Camerino, di lui Carlo Sgorlon ha detto: “Betti è poeta anche se scrive in prosa, anche nelle scansioni del linguaggio teatrale: è insieme il suo limite e il suo pregio”.
Di Pierfrancesco Giannangeli, critico teatrale e giornalista, riportiamo la recensione che trovate in www.ugobetti.it (sezione Opere): “Un autore, Betti, che esplose in un momento molto particolare nella storia del teatro italiano, un’epoca in cui ancora erano fortissimi gli echi della vera rivoluzione del Novecento: dopo Pirandello, dopo i futuristi, dopo il grottesco e la straordinaria esperienza di Rosso di San Secondo. Ebbene Betti, con i suoi scritti, riuscì a imporsi con forza in questo panorama dominato da giganti. Certo, non tutto il suo teatro può essere letto con una stessa chiave di lettura o può essere considerato allo stesso livello, ma le punte di eccellenza sono veramente tali.
Ovviamente, tra queste, va inserito il teatro giudiziario, quel gioiello con tre diamanti come Frana allo scalo nord (1932), Ispezione (1942) e Corruzione al palazzo di giustizia (1944). Proprio di un’esperienza di Corruzione qui di seguito si parlerà. Era il 1999 e la compagnia messinese Nutrimenti Terrestri, diretta dal regista Ninni Bruschetta, decise di allestire questo capolavoro bettiano. Come nello stile del gruppo – abbandonato soltanto nel recente Il mio nome è Caino di Claudio Fava (2002) – lo spettacolo ebbe una lunga fase preparatoria attraverso un laboratorio, un training alimentato per quasi due mesi dalle improvvisazioni degli attori, che tenevano le battute su uno sfondo molto lontano e si “allenavano” sui temi del testo. Una domanda guidava quotidianamente gli esercizi: “Chi è il più forte?”. Gli attori erano bendati e rispondevano alzando la mano, in modo tale che uno non sapesse le reazioni dell’altro. La tensione in quei giorni divenne fortissima, facendo capire che probabilmente è questo il vero interrogativo alla base di Corruzione al palazzo di giustizia. Un percorso doloroso quello dei protagonisti, ma fondamentale, per arrivare a cogliere i semi della verità testuale e trasformarla in azione scenica impietosa. Si discusse, in quei mesi, su ogni battuta, perché ogni termine andava pesato, ciascuna parola era un percorso profondo nell’anima dell’Uomo. Si arrivò a soluzioni condivise, in uno spettacolo dove i silenzi, i buio, le ombre, i contorni non definiti erano il supporto necessario alle parole e il modo migliore per parlare di una verità occultata, da nascondere, da sopprimere con la forza se necessario. Ricordo che questo fu un tema di discussione importante in una lunga conversazione con uomini di teatro avvenuta una sera, durante le tre settimane di permanenza della compagnia al teatro Valle di Roma.
Eduardo De Filippo, in un suo testo bellissimo, ma purtroppo poco frequentato, L’arte della commedia, scrive: “L’autore riconosciuto per tale entra dalla porta del palcoscenico ed esce insieme al pubblico a braccetto, da quella della platea”. Sembra un ritratto di Ugo Betti, nostro contemporaneo”.

Maria Laura Pierucci, Scritture Brevi
10 ottobre 2015

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Scritture Brevi accompagna l’iniziativa con un gioco dedicato, su Twitter. Dal mese di ottobre 2015, con l’hashtag #teatroinduebattute, infatti, diamo vita a un esperimento di scrittura sul #teatro.
Rendendo così merito al Premio Ugo Betti, che tiene viva la memoria del drammaturgo scomparso nel 1953 e sostiene la scrittura teatrale in tempi tanto difficili per le arti.
premiobetti

Francesca Chiusaroli

About Francesca Chiusaroli

Sono nata a Recanati, dove vivo. Mi sono laureata a Macerata, dove oggi insegno linguistica. Tra allora e ora, altre sedi.

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